venerdì 3 aprile 2015

Sonetto in ilare risposta al prode deportato Catalano, che da Brandizio è tolto

Deh, miei cari sodali
or i vo' con poco idioma
tacer de' tanti mali
che 'sto mondo ognor ci dona;

ma più tosto or vi dico:
non ci sono tempi buj
fino a chè avrai un amico
tuoi saranno i casi suj...

E più oltre non vo' andare 
perchè Amore fa sfinire
indi mando tutti a fare
ove è troppo bello dire

Ohibò eccolo il vate
Lauto di versi sì puri
Le vergin indarno celate
Desiate da loschi figuri

Orsù  l’idioma d’albione
Insegue quel suono arrotato
Che d’acqua è  pura accezione
Di  cesso lo loco oscurato

Assiso sul trono dolente
Sì tronfio oh vate  malnato
Col fuoco di visceri ardente

lo scroscio scoppietta schiumato
l’olezzo v’insiste immanente
che ingiurie al poeta esiliato

venerdì 30 agosto 2013

Al Concerto della gioia

Verbale della regia stazione dei Carabinieri di OMISSIS
il pusillanime condotto via

L'addì 16 del mese di agosto dell'anno millenovecentoduemilaetredici, nella presente stazione viene condotto il cantante W.C. noto come Capos.

Il soggetto è accusato formalmente di atti contro l'umanità, inquinamento, alitosi e rottura di coglioni.
I fatti si riferiscono al concerto che l'imputato ha tenuto nella piazza del paese, che li mortacciloro, era piena all'inverosimile, soprattutto di scroccatori di sigarette con cani e bandiere del salento.
Il Capozzelli si dichiara innocente, sostenendo di essere vittima di un complotto ordito dal concorrente Santagiorgia.
In attesa di conferma del fermo viene scortato in cella.
Il compagno di cella, noto ladro e assassino, soprannominato affettuosamente dai secondini Merdman Hannibal, chiede immediatamente di essere trasferito nel famigerato bagno penale della Cayenna, pur di stare lontano dal cantante.

letto sottoscritto e firmato
App. Brigad. Luigi Billardoni

Qui sopra lo scarno verbale, nessun riferimento all'incidente che prontamente, da testimoni oculari e olfattivi, esponiamo al pubblico dominio.
Il malcapitato Capos, pur colpevole da sempre di scarsigienismo, (non si lava mai) stavolta è stato davvero vittima di un atroce scherzo tirato dal perfido cantautore locale Tony Santagiorgia, colluso col cartello della taranta.

continua...


giovedì 10 maggio 2012

Il pranzo domenicale della suocera McCartney

Il pitosforo in fiore infonde un profumo di gioventù e pulsioni sessuali attorno allo stadio. Temistocle Cimbolani è già in tribuna, pronto a scaricare sugli avversari anni e anni di frustrazioni e repressioni, frutto di un matrimonio disgraziato.
La moglie infatti aveva un grandissimo difetto: non era orfana.
La madre della moglie, tabagista incallita, era la quintessenza del suocerismo mondiale di tutti i tempi, e da quando la figlia si era sposata, il suo unico scopo nella vita era vedere il genero morto, ma non in senso figurato, no, no, morto morto.
E così, per anni gli aveva propinato ogni tipo di veleno sotto forma di pranzo domenicale, emulando la famiglia di disgraziati protagonista del film "Brutti, sporchi e cattivi".
Una volta voleva proprio ammazzarlo in modo cruento, e si procurò da uno spacciatore tarantino una quintalata di cozze nere pescate sotto gli scarichi dell'Italsider, e preparò all'ignaro genero un timballo ultrapressato con delle uova fatte venire appositamente da Černobyl, del sale marino di Mururoa.
Inoltre nel vino aveva disciolto una bustina di veleno per topi e mezza bottiglia di trementina.
Non vedeva l'ora di vedere la figlia vedova: aveva già messo in ghiaccio lo champagne.
Quando Temistocle sedette a tavola, gli si presentò agli occhi un piatto con dentro un mattone del peso specifico del Plutonio.
Il poveretto, non protestò, e cominciò a trangugiare un cubetto di cozze concentrate.
Al terzo tentativo diventò viola in volto e chiese a gesti la manovra di Heimlich.
Sia la suocera che la moglie avevano fatto corsi specializzati di pronto soccorso, e conoscevano perfettamente le tecniche antisoffocamento, ma vigliaccamente fecero le gnorri, alzando le mani in senso di resa.

Il derelitto, miracolosamente riprese a respirare, prima con un fischio acuto, e poi sempre più normalmente.

La suocera, fumando una Marlboro 100's sotto un paio di baffetti laidi, e con una strana luccicanza agli occhi, gli porse un bicchiere di vino Tavernello corretto col caffè sport Borghetti (noto lassativo velenosissimo): «Bevi bevi, che ti fa sangue!».
Al primo sorso il tapino genero cominciò ad avere le visioni, pensò di essere John Lennon negli anni '60 alla sua prima esperienza con l'LSD e vide davanti a se la suocera liquefarsi come una lampada lava. Cominciò a chiamarla "McCartney" con aria di sfida, mentre alla taciturna moglie, toccò l'appellativo di Yoko...

mercoledì 25 aprile 2012

Canone RAI (bozza da revisionare)

Profumi di sole nell’aria, pitosforo incredibilmente in fiore e ragazze dai seni marmorei e dalle gambe da colonnato dorico.
L’estate, la stagione più bella, l’unica che vale la pena di essere vissuta, intervallata da nove interminabili mesi di totale merda.
In pratica, una gravidanza isterica, i nove mesi di gestazione che danno per frutto non un rompicoglioni cacarone mangiasoldi, bensì 3 mesi di sole, caldo, assenza di pioggia.
Arturo Paganini aspettava l’estate ogni anno per potersi fare i suoi bei 100 giorni di mare, 7 giorni su 7, 8 ore al giorno, levate delle piccole eccezioni dovute allo svegliarsi dopo le 14, rintronato dal troppo sole del giorno precedente, oppure dalle troppe birre.
Trattasi di un bamboccione da manuale, inquilino di una mamma iperprotettiva e ingozzatrice, nonostante il 100 sulla bilancia, e il 40 sulla torta di compleanno.
L’ex giovane, talvolta, veniva svegliato attorno alle 10 dalla madre, con caffè fumante sul vassoio d’oro zecchino, la qual cosa lo faceva andare su tutte le furie.
Volava il vassoio a mo’ di fresbee dalla finestra, che atterrando produceva un fragoroso rumore di gong tipo Pink Floyd live in Pompei, colpendo immancabilmente l’Alfa Romeo con impianto a gas di Arturo, la quale, non essendo assicurata, si ritrovava con vari bozzi non riparabili neanche con gli usuali imbrogli dei falsi incidenti.
Lo stato italiano aspettava invano i soldi del farabutto, che ovviamente non aveva mai pagato il bollo, mentre per il canone della RAI, ricorreva a penosi trucchi da braccato della mala.
Ogni suono di campanello, poteva essere quello fatale, il controllo TV! Per risparmiare il centinaio di euro annuali faceva una vita di inferno, costretto ad essere sempre all’erta e vigile.
Si allenava anche a fare la voce da vecchina tremante, che rispondeva “Chi è?” al citofono, con tutta una serie di frasi sull’indigenza, la malattia, la vedovanza e l’impossibilità di possedere un televisore.
Gli amici lo sapevano, ed uno, particolarmente stronzo, tale Ciccio Salmone, architettava scherzi cattivi, spacciandosi per il controllore.
Seguivano lunghe conversazioni tra il farabutto e il ciarlatano.
Una vita d'inferno, sempre sul chi va là, ed infatti ne risentiva il fisico, spossato dalla colite.

Un ventrone da malato era la sua condanna, ma lui ci piazzava un carico da briscola con un tipico abbigliamento scacciafiga.

Una volta che voleva fare il generoso portando in chiesa abiti usati per gli indigenti e gli extracomunitari dei ricoveri provvisori della città, fu accolto con grande fervore dal parroco che lo scambiò per un disgraziato appena sbarcato da una carretta del mare. Arturo, in quella occasione, sfoggiava un'eleganza multicolor, sembrava John Travolta in "Saturday night fever" mixato con una Oba Oba del carnevale di Rio.
Impietosito, don Cingolati, offrì allo straccione ricovero per la notte, vitto, ed un nuovo guardaroba, donato da Bibi de Bibis, un noto imprenditore cittadino, un po' eccentrico, che non si perdeva mai una gay parade nel raggio di 24mila km.
Aurturo, frastornato dal forte profumo emanato dal prete, che sembrava avesse trangugiato un'intero flacone di Loulou de Chacharel, non riuscì a desistere, ed accettò passivamente l'infausto destino che si prospettava.
I suoi abiti furono bruciati come fossero infetti dal vibrione del colera, e si ritrovò completamente nudo nei locali della parrocchia, nell'attesa dell'ambaradan del De Bibis. Trovò un asciugamano e si fascio le pudenda a guisa di pannolone. Si trovò a passare Alberigo Bovoloni, noto per il suo alito petrolchimico, che da anni interpretava la parte di Gesù nell'attesissima PASSIONE VIVENTE organizzata dalla parrocchia, e vedendo il filibustiere conciato in quel modo, pensò di trovarsi davanti un concorrente panciuto, un usurpatore. Alberigo, vanitosissimo e perfido, vide rosso e si avventò sul malcapitato urlando le invettive bibliche: «Guai a te! Scriba e fariseo! Tu ipocrita!». A corollario del tutto gli sputò in faccia e gli mollò un manrovescio a palmo aperto che produsse il rumore di una frustata: STCIACKKT.
Sorpresissimo, Arturo, non ebbe neanche il tempo di realizzare e rimase a bocca aperta senza parole, con un cinque dita vermiglio che gli si formava lentamente sulla guancia.
Quell'altro non la smetteva: «Giuda iscariota, neanche il ladrone cattivo puoi fare, ma ti sei visto, Barabba che non sei altro? Quest'anno poi, deve venire la RAI a riprendere tutta la rappresentazione, figurati se mi faccio togliere la parte!», e giù un altro sputo col bonus dello schiaffone, stavolta più secco, che produsse il suono di un ramo spezzato: SPPPTAPP.
Alla parola "RAI", Arturo pensò che quello che gli stava capitando era una punizione dantesca dovuta ai suoi sotterfugi per non pagare il canone TV.
Nel frattempo, finalmente tornò il parroco, con il guardaroba per il fetente "Barabba", che  poté togliersi la mutanda di fortuna, penosamente insozzata da un'evidente sgommata. Questo particolare provocò le risa di scherno del pubblico, che improvvisamente si era formato nella stanza. Parrocchiani, extracomunitari scommettitori alla SNAI, chierichetti, suore svizzere, candidati a sindaco, cani e gatti popolavano ed assistevano alla vestizione dell'ignudo.
Dal baule dell'eccentrico donatore uscì l'inverosimile, e quasi quasi il lestofante penso a rimettersi il pannolone quando vide che la cosa più sobria era il perizoma modello "Belen a Sanremo".
Alla fine della vestizione, sembrava uscito dal film "Totò l'imperatore di Capri", precisamente il personaggio interpretato da Galeazzo Benti

Fine primo tempo

sabato 3 settembre 2011

La festa patronale 2011

La festa patronale

N.B. Questo post è una riedizione-remix a se stante e leggermente edulcorata de "Il Sacrestano Tifoso cap. 4 - La festa patronale- Flauti di pan, il Cafone SpeedyPizza - Wafer Bovolone e Bagni chimici"


Le donne, i cavalieri, le armi e gli amori, il tutto rappresentato nella sfarzosa sfilata in costume dell’annuale festa patronale.
Questa volta il parroco aveva fatto le cose in grande, ingaggiando persino veri mercenari come archibugieri, che squassavano l’aria (e scassavano i “cosiddetti”), ad intervalli regolari, con scoppi fragorosi di inaudita potenza.
Il sacrestano, Amintore Borzacchini, soggetto noto in città per la sua curiosa abitudine di infarcire ogni frase con colorite scurrilità, si era bardato da Enrico VIII, ed indossava una pesantissima armatura nella quale gas di putrefazione autoprodotti, stavano rendendo l’aria mefitica.
Vicino a lui, un chierichetto di lungo corso, il trentaquattrenne Teodosio Fagioli, cominciava ad avere dei mancamenti, e si chiedeva quale discarica a cielo aperto avessero aperto in città di recente.
Anche lui, come il sacrestano, aveva esagerato nell’immedesimazione medievale, e per fare bella figura al cospetto di una sua fiamma, si era procurato un’alabarda originale di ferro piombato, che ostentava con spavalderia e nonchalance. Il buffonaccio però comincio quasi subito ad avvertire dei dolori lancinanti alle braccia, il peso dell’infernale e lunghissima arma si faceva sentire sempre di più, e ad ogni passo era costretto ad assumere una posizione sempre più curva, a mo’ di penitente. Sembrava un gesuita dell’Opus Dei, con tanto di cilicio, al punto che cominciò a farfugliare frasi sconnesse in esperanto: « Saluton my nomiĝas Teodosio, bone» (Salve, mi chiamo Teodosio, va tutto bene!), e soprattutto ad avere manie di grandezza, allucinazioni e manie di persecuzione. Passava di lì una donna in costume medievale, additata immediatamente dal pazzo, il quale rivolgendosi al sacrestano “Enrico VIII” esclamò «Eccola. E’ lei, Anna Bolena! Maestà, arrestiamola e portiamola nella Reale Torre di Londra».
Per colmo della sfortuna, la donna si rivelò essere la suocera del Borzacchini, una tremenda megera per la quale il povero sacrestano covava un odio omicida, sentimento ricambiato, col carico di briscola, dalla strega.
“Anna Bolena” mollò un sonoro ceffone al malcapitato, e tramite un lampo negli occhi, promise al genero una punizione degna di un carcere turco.
Intanto proseguiva la parte religiosa della rappresentazione, e per onorare al massimo il Santo Patrono, don Lorenzo, in un altro accesso di megalomania, si era dotato di un impianto di amplificazione degno del più fragoroso concerto rock. Tra luminarie sfavillanti, odori di varia gastronomia ammazzafegato e bancarelle cervellotiche si faceva largo la processione microfonata wireless. Appositi addetti trasportavano gli altoparlanti come fossero moderni Cirenei, che oltre al fardello pesante, avevano nelle orecchie un rimbombo assurdo che avrebbe causato danni permanenti all’udito.
Purtroppo qualcosa non andava, e l’audio ad un certo punto cominciò a trasformarsi in un gracidio fastidiosissimo, tale da scatenare le ire del prelato, infastidito, tra l’altro, dalla musica sparata a palla proveniente da una delle innumerevoli bancarelle di peruviani dal sospetto accento campano.

Fine Primo tempo - Digressione Flauti di Pan

Nessuno si sentiva di dare torto all’uomo di chiesa.
Chi ha frequentato almeno una volta queste feste patronali si è accorto di questa bancarelle bombardone dove dei mascalzoni propinano CD con musiche eseguite coi FLAUTI DI PAN!
Orbene, questi stramaledetti flauti di pan dovrebbero bruciare all’inferno, oppure venire usati come mezzo di tortura a Guantanamo.
Famose colonne sonore, tipo “Il re Leone”, “Titanic”, “Il padrino”, irrimediabilmente deturpate, la voce meravigliosa di Witney Houston di "I Will Always Love You" sostituita da un monocorde suono dei tremendi pifferi andini (che vengano bruciati per l'eternità).
Mistero fitto sugli acquirenti di questi CD .
Perché mai, un essere sano di mente dovrebbe spendere 10 euro per ascoltare Margherita di Riccardo Cocciante suonata con una tastiera MIDI che imita lo stramaledetto flauto di pan?
Quale mente diabolica concepisce l'esecuzione del tema di Titanic da parte dei nativi delle Ande?

Secondo Tempo

Accanto ai "napoletan-peruviani", stanziava un'altra delle attrazioni più assurde delle feste patronali: il tirassegno al wafer!
Trattasi veramente di un gioco per pazzi furiosi evasi nottetempo dal manicomio navale, in quanto su una serie di scaffali di fronte alla postazione di tiro, vengono disposte le più ignobili porcherie in fatto di ciondoli che un essere umano abbia mai concepito. Si va dal cornetto rosso di plasticaccia al portachiavi a forma di teschio, dal minipeluche infestato dai pidocchi al ciondolo a soggetto kamasutra.
Ma l'oggetto più incredibile è lui: IL BOVOLONE! Il wafer monoporzione che, colpito dai proiettili di gomma del fucile ad aria compressa, non si scalfisce mai!
La commestibilità di tale prodotto è messa in serio dubbio, studi segretissimi dell'OMS hanno rivelato la presenza di ingredienti allucinogeni oltre alla malta per edilizia, ghiaia, sabbia e cartone.
Naturalmente tale attrazione viene presa d'assalto dai più noti professionisti della città, che fanno a gara, e spendono cifre iperboliche, per conquistare l'agognato wafer spaccadenti.
Proprio mentre passava don Lorenzo, uno di questi stimati cittadini, il pluripregiudicato Oreste Fanfalucchi, si stava accanendo con una gragnuola di colpi verso i preziosi bersagli-premio.
Sarà stata la stanchezza fisica, l'oppressione della folla, il microfono wireless che gracchiava, fatto sta che il parroco, vedendo quel pagliaccione col fucile ad aria compressa completamente disinteressato alla religiosità del momento, si ricordò di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio, e si lasciò andare ad una rabbia omicida.

Lanciò il microfono verso il sacrestano, che novello Freddie Mercury, si esibì in piroetta aerea per afferrarlo al volo.
Urlando terribili parole di scomunica disarmò quel derelitto intimandogli: «Mani in alto!».
Il poveraccio non se l'aspettava, e colto di sorpresa girò i tacchi per confondersi tra la folla allibita. Ma ormai si era passato il limite, ed in spregio alle buone regole dei duelli, senza alcuna remora, don Lorenzo cominciò a sparare alla schiena del fuggiasco, che lamentandosi con una voce stridula da suora urlacchiava: «AHIA, ahi che dolore, mi ha sparato! Poteva uccidermi! Aiuto, aiuto, salvatemi da questo prete assassino!».
Il danno fatto dai pallini di gomma, naturalmente, era risibile, ma il lestofante spaventatissimo si mise messo a correre travolgendo una bancarella di finti napoletani (ironia della sorte, stavolta veri peruviani, a differenza di quelli dei flauti di Pan).
Questi, campioni del buon gusto, erano venditori di CD di cantanti neomelodici fotografati in copertina col vestito della prima comunione, sguardo perso nel nulla assoluto e, ciliegina sulla torta, il solo nome di battesimo desinente sempre in “izio”: Fabrizio, Patrizio, Maurizio.
Gli andini, furiosi col fuggiasco, gli lanciarono seduta stante la temibilissima “Maledizione di Montezuma”!
Gli effetti furono pressoché immediati.
Oreste, pensava di averla fatta franca, ma cominciò ad avvertire dolori tipo parto. Sembrava una gravida al decimo mese con le doglie, che con pietosi occhi iniettati di sangue avrebbe dato un braccio per una toilette. Questo disgraziato si trovava a combattere tra il dolore alla schiena, frutto della sparatoria al tirassegno, e i terribili crampi intestinali, gentile omaggio non solo del malocchio, ma soprattutto della terribile mistura di cibarie da festa, che aveva ingurgitato con fare smargiasso.
Non si era lasciato scappare nessun chiosco di cibo: anacardi, noccioline, arachidi, copeta, (blocco granitico di mandorle caramellate, gioia di tutti i dentisti in cerca di clienti) torrone di marmo, panino con salsiccia calabrese alle 7 salse segrete, zucchero filato per rifarsi la bocca, granita multicolore al ducotone, panzerotto fritto nel paraflù Fiat, ripieno di magma vulcanico alla mozzarella, crêpes alla nutella e Grand Marnier, frittura mista (stavolta con olio Mobil usato da un TIR) con polpo e calamari giganti. Il tutto ingollando 2 birre Dreher grandi, che avevano formato nel suo stomaco una pressione di 2,2 bar, la stessa dei pneumatici anteriori della sua Toyota!
Per una volta sembrava che la fortuna arridesse al meschino.
Il sindaco, per l’occasione, aveva disposto la presenza di bagni chimici nei luoghi della festa, e proprio a pochi metri, come un miraggio, gli apparve la salvezza.
Purtroppo per lui, la tremenda realtà: era inesorabilmente OCCUPATO!
Un'intera famiglia di ambulanti di origine orientale circondava il totem colorato, al cui interno faceva i suoi comodi tale PinYin PinYin, venditore di pistole per fare le bolle di sapone, che accortosi del clamore che veniva dall'esterno si mise di traverso per non fare aprire la porta del WC. Il poveraccio all'esterno era quasi cianotico e cominciava ad avere perdite preoccupanti dall'impianto di scarico, mentre disperatamente bussava piagnucolando: «Pietà! Aprite, sto male, mi hanno sparato, ho la diarrea del viaggiatore, (nuova ironia della sorte, costui non aveva mai oltrepassato i confini provinciali) sono disposto a pagare!».
PinYin PinYin fiutando l'affare sparò una cifra assurda: «500 eulo, glazie!».
«Si, si, accetto, faccio un assegno!» replicò il filibustiere, ormai allo stremo.
PinYin PinYin, bieco come un torturatore dell’inquisizione : «Non mi fido, contanti o carta di credito».
Il malcapitato riuscì miracolosamente a fare passare la carta magnetica attraverso un pertugio, e dall'esterno, magicamente, si udì chiaramente un rumore di modem-fax, con emissione di scontrino.
Applauso scrosciante da parte di tutti i colleghi dell'ambulante, che uscì esultando facendo il gesto V di vittoria.
Finalmente il moderno vespasiano offriva tutta la sua funzionalità al disperato partoriente, e qui viene coscienziosamente risparmiata la descrizione degli attimi successivi.
Si erano aperte le porte dell'inferno.
Epilogo

Purtroppo, cuoceva un piatto ancora più amaro per Oreste.
Il parroco lo aveva scorto, e decise di fargliela pagare una volta per tutte, ordinando a quattro Cavalieri di Malta di posare per un attimo la statua del Santo Patrono per sradicare il WC chimico, e sistemarlo su una delle giostre a centrifuga che animavano la festa.
Furono i momenti peggiori della vita del disgraziato che non si riprese più dallo shock e decise volontariamente di passare il resto della vita sulle Ande, come un eremita.
Unico suo compagno, un flauto di pan!

sabato 30 aprile 2011

L'autista pazzo, ovvero: Baby you can't drive my (fast) car

bozza da revisionare

Aprile dolce dormire.
Fiori rosa, fiori di pesco, oltre all'immancabile pitosforo annunciavano l'arrivo della bella stagione. L'odore dell'arbusto si infondeva nell'aria dando ancora più risalto alle grida gioiose di giovani donne che assaporavano le prime brezze tra le gambe sottratte alla tortura delle calze invernali, così come facevano capolino da generose scollature miriadi di seni marmorei, finalmente liberati dai girocolli costrittivi.
Aprile è anche il mese delle gite scolastiche e ,come d'incanto, le città si riempiono di bus granturismo con a bordo studenti urlanti, insegnanti accompagnatori con un principio di esaurimento nervoso e... si! proprio lui, l'autista.
Nicolino Pollastri da vent'anni guidava queste bestie su ruote da mezzo milione di euro, e lo faceva notare sempre ai teppisti a bordo: «Sto pulma costa quattrocientottantamilaeuro! Se mi scassate qualcosa vi spezzo la noce del capocollo».
Era un pazzo furioso, odiava il traffico e gli autisti insubordinati.
D'altro canto era il peggior pirata della strada di tutti i tempi, si faceva tutti i semafori rossi provando un sottile piacere quando i poveretti, che volevano passare giustamente col verde, erano costretti ad inchiodare e a lasciare mezzo treno di gomme sull'asfalto.
Naturalmente non si sognava minimamente di chiedere scusa, il torto era sempre degli altri.
Ma al peggio non c'è limite, Nicolino aveva la collezione musicale peggiore della storia delle autostrade mondiali. CD ed mp3 obbrobbriosi.
Spiccava naturalmente un cofanetto completo di temi da colonne sonore eseguiti coi FLAUTI DI PAN. Ogni volta che partiva "Titanic" con lo stramaledetto suono degli stramaledetti flauti andini, sintetizzati con la pianola Bontempi, l'autista con sguardo sognante di chi la sa lunga imitava in falsetto le note originariamente cantate da Celine Dion.

Il mascalzone era arciconvinto di emettere suoni gradevolissimi paragonabili alla voce della terribile canadese, ma inutile dire, il risultato era un penoso latrato: un cane.
Si vantava, specie con le accompagnatrici e le guide più attempate, di essere stato in gioventù un "Tombeur de femmes", un casanova, ostentando francesismi improbabili: «Madam, iè son stat un grand Trombè di femmini, un casanuova!».
Quel grandissimo figlio di ndrocchia inoltre usava un profumaccio sgraffignato all'autogrill, di infima fattura, una roba stordente, paragonabile allo sniffare colla Bostik.

Neanche il potente odore da baldracca però riusciva a coprire delle continue e potenti zaffate agliocipollate.
Il bus, dopo qualche ora di viaggio, diventava una terribile prova della morte per gli olfatti dei passeggeri. Se uno chiudeva gli occhi e si faceva trasportare dagli odori passava da una casa di tolleranza degli anni venti, ad una falegnameria, da un hammam turco fino ad arrivare al tremendo mercato delle spezie della Medina di Tunisi.
Una volta, durante una gita a sfondo religioso si trovò a bordo una ciurmaglia di anziani particolarmente ostili.
Lui odiava tutti i passeggeri, dai bambini dell'asilo agli studenti delle superiori, dai tifosi del pallone ai boy scout in gita estiva.
Ma quelli che proprio non sopportava erano gli anziani, specie quelli che pregavano durante il tragitto.
Preferiva un ciclo continuo di 8 ore di "Ci son due coccodrilli ed un orango tango" piuttosto che sorbirsi milioni di volte "Pregapernoi". . Addirittura poteva sopportare l'interminabile "La BRUM del capo ha un buco nella gomma", cantata da folli giovani esploratori a tutta voce.
Quella volta era di fronte a degli accaniti recitatori di rosario. Desiderò schiantarsi come il "Double deker bus" della famosa canzone pessimista cosmica "There Is A Light That Never Goes Out" degli Smiths.

Tentò di estraniarsi dal loop di Avemarie che proveniva dalle sue spalle guardando le cosce della capocomitiva che sedeva al posto riservato in prima fila accanto al suo.
La signora,vedova ancora piacente, non era una "rosarista" e pur di non partecipare alla recita si beveva tutte le panzane dell'autista pirata, compresa la storia del dongiovanni e della sua padronanza delle lingue.
Il farabutto accese l'autoradio a volume basso, solo per i posti davanti, con la scusa di sentire il notiziario sul traffico, e soprattutto per avere qualcosa in sottofondo oltre ai Misteri gaudiosi, dolorosi, gloriosi, luminosi, che lo mandavano letteralmente in bestia.
Ad un certo punto partì la canzone di Tracy Chapman "Fast car", e fu lì che Nicolino decise di giocarsi il jolly della cultura musicale. Si illuminò tutto ed escamò con voce da trombone:- «Signora mia, quanti ricordi questa canzone! Si tratta di Tresi Ciapma, con I cant love you baby, la canzone della mia prima fidanzata!».
La signora non ci capì nulla e si limitò ad annuire, tanto a lei non gliene fregava un emerito.
Purtroppo per l'autista sbruffone, nelle prime file dormicchiava un anziano deejay che aveva una memoria formidabile per le canzoni degli anni 80 del secolo scorso.
All'inizio decise di avere pietà, e di non contraddire il lestofante, ma quello insisteva:- «SI! SI! E' proprio quella "I cant love you baby" la so pure cantare a memoria».
In realtà anche a lui stavano venendo dei dubbi, ma non lo avrebbe ammesso mai, fischiettava e cantava il ritornello (solo il punto dove fa "Aihaih", l'unica parola che conosceva!).
Il deejay non poteva più tacere, ed esplose: «Maledetto strooonzooo, finiscila di sparare balle, a parte che questa canzone è "Fast car", non esiste nessuna canzone di Tracy Chapman con quel titolo, farabutto che non sei altro».
L'autista s'incazzò «Ma come, I can love you baby, ci ho ballato il lento al matrimonio di mia cugina!».
L'anziano: «Taci, pezzo di ignorante, quella si intitola "BABY CAN I HOLD YOU", maledetto pirata della strada e della musica, tu e i tuoi cd coi flauti del cazzo di pan!».
La vedova piacente prese le parti dell'autista e minaccio il vecchietto di abbandonarlo in autostrada come un cane abbandonato in autostrada!
Ma quello non si fece intimorire e, con gli occhi da pazzo, azzannò un orecchio dell'autista, scoprendo così che il poveretto portava il parrucchino. Si trattava del tipo che si attacca al cuoio capelluto con l'adesivo, e biecamente decise di strapparglielo a mo' di striscia depilatoria.
L'urlo dell'autista fu agghiacciante e comico allo stesso tempo: «AHIHIHAMAMMAAAA i miei capelliiii».
Riuscì miracolosamente (il rosario servì a qualcosa) a parcheggiare il pullman in una lurida area di sosta braccata da lupi e ladri di professione, scese e si mise a correre ululando nella brughiera.

sabato 6 novembre 2010

Digressione 2 - Il WWF soppiantato dai Fotoamatori!

bozza test

Da qualche tempo una nuova mania si affaccia tra i giovani, e soprattutto, meno giovani, nella mia ridente città odorosa di pitosfori in fiore. E' il famigerato hobby della fotografia. Interi stipendi bruciati per comprare macchine fotografiche sofisticatissime, obiettivi a cannone con lenti della NASA, accessori, ammennicoli, flash, ombrelli paraluce, pannelli argentati sparaluce.
Questi disgraziati si riuniscono in gruppi di fotoamatori dai dubbi scopi.
Ricordo a tal proposito, quando anni fa, per conoscere qualche ragazza, si era costretti ad iscriversi all'associazione animalista del WWF.
Tutti i single, dopo aver provato le tattiche più fantasiose e cervellotiche per abbordare una donna, si vedevano proporre il metodo infallibile da un iscritto che con la stessa convinzione ed insistenza di un testimone di geova, magnificava le virtù delle WWeffine.
Il candidato di turno, sognava scenari da mille e una notte, odalische seminude dai seni marmorei intente a lascive danze dei sette veli per salvare dall'estinzione il ratto da fogna, oppure amazzoni bionde vestite con una minuscola pelle di daino (naturalmente, manco a dirlo, seni marmorei) a cavallo di destrieri impegnate nella lotta contro l'estinzione delle zanzare tze tze. Il nuovo brufoloso membro del WWF, nel suo sogno si figurava un ingresso nella lobby nello stile misterioso dell'antica massoneria.
La prova del fuoco: sottoporsi al supplizio erotico della cera calda, versata da una ragazza completamente nuda, con una candela stretta tra i seni di marmo.
La prova dell'acqua: fare una doccia nel sacro tempio WWF con una ragazza completamente nuda, somigliante ad Angelina Jolie-Lara Croft.
La prova delle tenebre: tastare al buio 5 paia di seni marmorei, senza emettere suoni di compiacimento (mugolii vietati).
La prova della fratellanza: giacere con le ragazze di cui sopra.
Naturalmente si trattava di una colossale truffa, al pari di quella degli occhiali a raggi X per vedere le donne nude, venduti per corrispondenza.
I boccaloni diventavano paladini della natura pagando una tassa salatissima.


Si racconta di un tizio, Sandrino Mazzolatori, che picchiava i genitori per ricevere il denaro da elargire al WWF. Quei poveretti le avevano tentate tutte, erano disposti a dare al figlio i soldi per la droga, pur di vederlo lontano da quella associazione che era stata causa di tante disgrazie per la famiglia. I Mazzolatori odiavano gli animali odiosi: scarafaggi,topi, zanzare tigri, sanguisughe, pulci e pidocchi, ma il figlio Sandrino, lobotomizzato dai suoi superiori, portava in casa tutta questa allegra fauna. Ci furono casi di malaria, lupus e persino una peste nera, nella cerchia familiare dei Mazzulatori.
Il capobanda del WWF locale, Barabba Deiacobis, adorato dalle donne associate, era un tizio sovrappeso con la barba alla Bud Spencer, nella quale si annidavano spesso pidocchi, avanzi di cibo, tabacco, e persino una gingomma appiccicata, marca big babol del 1986. Il fetente, con la scusa del contatto con la natura, non si lavava mai, ma proprio mai. Quando qualche discepolo gli faceva notare che puzzava di capra, lui rispondeva allargando le braccia: «Lo so, ne sono cosciente, ma i bagnoschiuma contengono sostanze chimiche, e poi alle donne, il mio afrore virile piace!».
Una volta, ad una manifestazione ambientalista, il sindaco fece un cazziatone tremendo all'assessore per la nettezza urbana, tuonando: «Delinquente assassino, così ci uccidi tutti, cos'è questo tanfo terribile di immondizia marcita al sole, non fai il tuo lavoro, sei licenziato!»
L'assessore, lavoratore indefesso, scappò via incredulo. Lui aveva disposto la pulizia straordinaria totale della città, non riusciva a capacitarsi.
In realtà la puzza proveniva dal barba, che era proprio sotto al palco del comizio, in compagnia di un cagnaccio sporco all'inverosimile, abbandonato da un punkabbestia, che però, in confronto al padrone, odorava di mimosa selvatica.

sabato 23 ottobre 2010

Digressione: Sono nelle mani di un pazzo

«Sono nelle mani di un pazzo»
Sono le parole di Jean-Louis Trintignant, seduto in macchina accanto a Vittorio Gassmann ne "Il sorpasso" di Dino Risi.
Così mi sentivo nel maggio 2005, quando mi ritrovai ad Istanbul in viaggio di lavoro, con un certo Attilio Tombolani, un farabutto da sette generazioni, scroccone come un punkabbestia, puzzolente come un cane di un punkabbestia (non si lavava mai) e chiassoso come una festa di matrimonio tunisina.
Saliti sull'aereo in Italia, il Tombolani cominciò con la solita tiritera a voce altissima «Ma questo aereo non mi sembra sicuro, il pilota è troppo vecchio, il copilota è troppo giovane, le hostess hanno la faccia preoccupata...» e così via fino al decollo. Naturalmente non si sognava nemmeno di rispettare le indicazioni tipo "allacciarsi le cinture", "tenere lo schienale dritto", "non occupare intere cappelliere".
Un signore tedesco, seduto dall'altra parte del corridoio cominciò a guardarmi torvo, io mimavo scuse con gli occhi, del tipo "Che ci vuol fare, abbia pazienza".
Durante la fase di decollo, il Tombolani simpaticone urlava «Ma questo non sa guidare, va troppo piano, non ci alzeremo mai». Naturalmente erano tutte fesserie, l'aereo decollò normalmente, e dopo un millisecondo, il chiassoso Attilio era già in piedi a sgranchirsi i muscoli. Nel fare ciò si esibì in uno sbadiglione da record (45 secondi!) durante il quale emise un'alitata al vetriolo. I denti del cialtrone non avevano mai conosciuto uno spazzolino con dentifricio.
Nel dirigersi verso la toilette dava colpi di pancia a destra e a manca.
Non si scusava minimamente, anzi, indicava la pancia con soddisfazione, come una donna in gravidanza. Era un pastasciuttaro implacabile, oltre che un temerario dei frutti di mare mangiati crudi. Il tutto ovviamente accompagnato da fiumi di birra, spesso di marca scadente, che andava a finire direttamente sul ventrone, dandogli la forma tipica dell'anguria greca.
...

domenica 12 settembre 2010

Il Sacrestano Tifoso cap. 4 - La festa patronale- Flauti di pan, il Cafone SpeedyPizza - Wafer Bovolone e Bagni chimici

bozza
Questa domenica è una domenica speciale.
Il sacrestano tifoso è caricato a mille, reduce dalla processione più importante dell'anno, quella della festa patronale, piena di luminarie sfavillanti e bancarelle cervellotiche.
Lui ha portato il sofisticato armamentario wireless che permette a tutti i fedeli di ascoltare la voce del parroco durante il lento procedere tra le ali di folla, anche se questa volta, l'audio non risultava perfetto, scatenando le ire del prelato.
La cosa che dava più fastidio a don Lorenzo era la musica a palla proveniente da una bancarella di finti peruviani.
Non ha tutti i torti il nostro uomo di chiesa, questi mascalzoni infatti propinano CD (nel 2010!) con musiche eseguite coi flauti di pan.
Quando ancora internet e l'adsl non erano diffuse, si usava ancora comprare CD, o, in alternativa, farseli masterizzare. Sembra un'assurdità, ma a quei tempi si vedeva girare in città una macchina invero oscena, tale da costringere il progettista giapponese all'harakiri.
Solo l'uomo coi peggiori gusti musicali di tutti i tempi, poteva viaggiare a bordo di quell'accozzaglia di lamiere su quattro ruote strette, tipo macchina di Nuvolari. L'impianto stereo era una merda, qualsiasi cosa si sentiva impastata e con il volume incontrollabile: o troppo basso, tale da distinguere solo la grancassa della batteria, o troppo alto, spaccatimpani e spaccamarroni.
Il supercafone eccolo qua, il suo nome Olderico Oldemagni, detto Derio, sedicente playboy, con un problema di eiaculazione precoce, per cui veniva spesso chiamato dagli amici, ma anche dai detrattori, col simpatico nick SpeedyPizza.
La caratteristica peggiore di questo troione, oltre al fatto che non si lavava mai, era quella di raccontare per filo e per segno, la sera al pub, le sue prestazioni amorose, che si svolgevano sempre con donne poco affascinanti, tanto per usare un eufemismo.
Si trattava in realtà di poverette talmente disperate, che speravano almeno di incastrare Derio, facendosi ingravidare di proposito, per poi convincere il pollo, con le buone o con le cattive, a sottostare al matrimonio riparatore.
Per quanto riguarda "le cattive", c'era un'apposito settore della criminalità organizzata, i cosiddetti "Testimoni di mazze", che bastonavano i disgraziati da far sposare con la principessa di turno.
SpeedyPizza si vantava spesso dei suoi gusti musicali, e la sua ultima mania erano i cd coi fottuti flauti di pan (che vengano bruciati per l'eternità).
Il cialtrone, aveva dilapidato una fortuna presso una bancarella della festa patronale, ma fatto ancor più grave, aveva comprato anche i cd masterizzati da un suo amico al quale ordinava compilations ad hoc! Si beava con tale minestrone musicale, illudendosi di sedurre giovani fanciulle con le colonne sonore del Re Leone, di Titanic, di Bodyguard. La meravigliosa voce di Witney Houston di "I Will Always Love You" sostitiuta da un monocorde suono dei tremendi pifferi andini (che vengano bruciati per l'eternità). Una vera vergogna, e lui, il cafonaccio, incurante di tale obbrobrio musicale scarrozzava la derelitta di turno, volume a palla, sigaretta MS accesa, cingomma, sputo libero dal finestrino, grattata delle parti intime e, dulcis in fundo, mitragliate puzzolenti dal deretano ad intervalli regolari, fatti con la faccia soddisfatta e/o innocente.
Un'altra epoca, l'mp3 ancora doveva arrivare....

Fine Primo Tempo

Intermezzo editoriale


Non per entrare nel merito dei gusti della gente, ma chi vi scrive si chiede da una vita, ed a maggior ragione adesso, che nessuno compra neanche i CD dei cantanti più famosi, chi cazzo compra i cd coi flauti di pan!
Perché mai, un essere sano di mente dovrebbe spendere 10 euro per ascoltare Margherita di Riccardo Cocciante suonata con una tastiera MIDI che imita lo stramaledetto flauto di pan?
Quale mente diabolica concepisce l'esecuzione del tema di Titanic da parte dei nativi delle Ande?


Secondo Tempo

Accanto ai "napoletan-peruviani", sorgeva un'altra delle attrazioni più assurde delle feste patronali: il tirassegno al wafer!
Trattasi veramente di un gioco per pazzi furiosi scappati dal manicomio navale, in quanto su una serie di scaffali di fronte alla postazione di tiro, vengono disposte le più ignobili porcherie in fatto di ciondoli che un essere umano abbia mai concepito. Si va dal cornetto rosso di plasticaccia al portachiavi a forma di teschio, dal minipeluche infestato dai pidocchi al ciondolo a soggetto kamasutra.
Ma l'oggetto più incredibile è lui: IL BOVOLONE! Il wafer monoporzione che, colpito dai proiettili di gomma del fucile ad aria compressa, non si scalfisce mai!
La commestibilità di tale prodotto è messa in serio dubbio, studi segretissimi dell'OMS hanno rivelato la presenza di ingredienti allucinogeni oltre alla malta per edilizia, ghiaia, sabbia e cartone.
Naturalmente tale attrazione viene presa d'assalto dai più noti professionisti della città, che fanno a gara, e spendono cifre iperboliche, per conquistare l'agognato wafer spaccadenti.
Proprio mentre passava don Lorenzo, uno di questi stimati cittadini si stava accanendo con una gragnuola di colpi verso i preziosi bersagli-premio.
Sarà stata la stanchezza fisica, l'oppressione della folla, il microfono wireless che gracchiava, fatto sta che il parroco, vedendo quel pagliaccione col fucile ad aria compressa completamente disinteressato alla religiosità del momento, non ci ha visto più.
Lanciato il microfono verso il sacrestano, che novello Freddie Mercury, lo ha afferrato al volo con una piroetta aerea, si è avventato verso il fuciliere del bengala urlandogli parole di scomunica. Una volta disarmatolo dall'arma ad aria compressa gli ha intimato: «mani in alto!».
Il poveraccio non se l'aspettava, e colto di sorpresa ha girato i tacchi per confondersi tra la folla allibita. Ma ormai si era passato il limite, ed in spregio alle buone regole dei duelli, senza alcuna remora, don Lorenzo ha cominciato a sparare alla schiena del fuggiasco, che lamentandosi urlacchiava: «AHIAHI, ahi che dolore, mi ha sparato! Poteva uccidermi! Aiuto, aiuto, salvatemi da questo prete assassino!».
Il danno fatto dai pallini di gomma, naturalmente era risibile, ma il lestofante spaventatissimo si è messo a correre travolgendo una bancarella di finti napoletani (ironia della sorte, stavolta veri peruviani, a differenza di quelli dei flauti di Pan) venditori di CD di cantanti neomelodici con in copertina il solo nome di battesimo (Fabrizio, Patrizio, Maurizio) su una foto col vestito della prima comunione, lo sguardo perso nel nulla assoluto.
Gli andini, furiosi, gli hanno prontamente mandato la temibilissima Maledizione di Montezuma, e mentre si rassettava, il buffonaccio avvertiva già le doglie, sembrava una gravida al decimo mese, con gli occhi iniettati di sangue che pietosi e disperati cercavano un bagno. Questo disgraziato si trovava a combattere tra il dolore alla schiena, dovuto alla sparatoria al tirassegno, e i terribili crampi intestinali, gentile omaggio non solo del malocchio, ma soprattutto della terribile mistura di cibarie da festa, che questo ignobile rottame aveva ingurgitato.
Non si era lasciato scappare nessun chiosco di cibo: anacardi, noccioline, arachidi, copeta, (blocco granitico di mandorle caramellate, gioia di tutti i dentisti in cerca di clienti) torrone di marmo, panino con salsiccia calabrese alle 7 salse segrete, zucchero filato per rifarsi la bocca, granita multicolore al ducotone, panzerotto fritto nel paraflù Fiat, ripieno di magma vulcanico alla mozzarella, crêpe alla nutella e Grand Marnier, frittura mista (stavolta con olio Mobil) con polpo e calamari giganti. Il tutto ingollando 2 birre Dreher grandi, che avevano formato nel suo stomaco una pressione di 2,2 bar, la stessa dei pneumatici anteriori della sua automobile!
Per una volta sembrava che la fortuna arridesse al meschino, infatti il sindaco aveva disposto la presenza di bagni chimici nei luoghi della festa, e proprio a pochi metri, come un miraggio, gli apparve la salvezza. Purtroppo era OCCUPATO!
Un'intera famiglia di ambulanti di origine orientale circondava il totem colorato, al cui interno faceva i suoi comodi tale PinYin PinYin, venditore di pistole per fare le bolle di sapone, che accortosi del clamore che veniva dall'esterno si mise di traverso per non fare aprire la porta del WC. Il poveraccio all'esterno era quasi cianotico e cominciava ad avere perdite preoccupanti dall'impianto di scarico, mentre disperatamente bussava urlando «Pietà! Aprite, sto male, mi hanno sparato, ho la diarrea del viaggiatore, (nuova ironia della sorte, costui non aveva mai oltrepassato i confini provinciali) sono disposto a pagare!».
PinYin PinYin fiutando l'affare sparò: «500 eulo, glazie!».
«Si, si, accetto, faccio un assegno!» replicò il filibustiere, ormai allo stremo.
PinYin PinYin: «Non mi fido, contanti o carta di credito».
Il malcapitato riuscì miracolosamente a fare passare la carta magnetica attraverso un pertugio, e dall'esterno si udì un rumore di modem-fax, con emissione di scontrino.
Applauso scrosciante da parte di tutti i colleghi dell'ambulante, che uscì esultando facendo il gesto V di vittoria.
Finalmente il moderno vespasiano offriva tutta la sua funzionalità al disperato partoriente, e qui viene coscenziosamente risparmiata la descrizione degli attimi successivi.
Si erano aperte le porte dell'inferno.
Purtroppo, cuoceva un piatto ancora più amaro, il racconto "Alle strette" (A Very Tight Place)* di Sthepen King si stava trasformando nella dura realtà...


*Nell'utilizzare le toilette prefabbricate, King ha sempre pensato al racconto Sepolto vivo di Edgar Allan Poe e all'orribile possibilità di rimanervi bloccato dentro, senza poter chiedere l'aiuto di nessuno. Ha scritto questo racconto per condividere con il Fedele Lettore questa sgradevole paura, trovando anche un certo infantile divertimento nel farlo e provocando persino in se stesso un po' di disgusto. cit. Wikipedia

continua...

venerdì 30 luglio 2010

Il Sacrestano Tifoso cap. 3 - La domenica

Per il sacrestano Temistocle Cimbolani la domenica è un giorno sacro.
Non si tratta però della funzione religiosa, bensì della partita di calcio presso lo stadio cittadino fatiscente. La preparazione è paragonabile a quella degli astronauti prima del lancio nello spazio, in special modo in inverno, quando assistere alla partita significa sfidare il pack artico.
Consigliati: indumenti in kevlar, razzi segnalatori, gps in caso di tormenta, cane da slitta, pemmican (il famigerato cibo d'emergenza del comandante Nobile).

Non per il "Sacrista", che per scaramanzia non si separa mai dal suo pluridecennale tabarro modificato. Una sarta della Stasi, i servizi segreti della Germania Est, aveva predisposto degli scomparti segreti, riempiti dal macchiavellico lestofante con svariati oggetti: dall'amuleto portafortuna, al sale da spargere contro la scalogna, dalle caramelle da offrire in segno dei disprezzo ai panchinari avversari, al cordiale delle Forze Armate, iperalcoolico veleno bruciabudella, bandito dalla Convenzione di Ginevra.
Lui non ha mai pagato allo stadio, laureato portoghese ad honorem, ma le nuove norme antiviolenza lo hanno costretto a munirsi di un abbonamento, omaggio per le autorità.
Si tratta di una tessera speciale riservata agli alti prelati, che hanno di meglio da fare che vedersi quattro scalzacani inetti giocare a pallone in una serie dilettantesca.
Per questo motivo, tali tessere, vengono devolute ai bisognosi (raramente) oppure agli approfittatori miserabili (spesso).
Temistocle, ad ogni modo, pur avendo un posto a sedere in tribuna, segue la partita esattamente alle spalle della panchina riservata alla squadra ospite, e la sua missione è una sola: cacare il cazzo all'allenatore ed alle riserve.

martedì 22 giugno 2010

Il Sacrestano Tifoso - Cap. 1 - Prologo

E nella chiesa l'incenso che brucia se ne va, mentre il piccolo Willy che russa nella sua cuccia non apprezza la soavità delle note odorose provenienti dai pitosfori in fiore. E' solo un piccolo cane di sacrestia, un bastardo che conosce la fame, ma che miracolosamente, proprio in mezzo alla città, nella chiesa più importante, ha trovato la sua fortuna.
Un uomo onesto, un uomo probo, si aggira con fare aggraziato, un danzatore sulle punte, instancabile come i Dervisches Tourners ma silenzioso come un aquilone nel cielo terso del basso Adriatico.
E' il Sacrestano.
Ma è anche un tifoso della squadraccia locale di calcio.
E' dottor Jeckill e Mr Hide.
E' il SACRESTANO TIFOSO.

mercoledì 16 giugno 2010

Al concerto nel pub 5 (finale) - Il Pogatore - Malcontento e degenerazione - epilogo

Serpeggia il malcontento attorno al rompipalle ed al suo compare canuto.
L'olezzo diventa insopportabile, quasi più fastidioso delle urla e degli spintoni.
Un energumeno laziale, che assiste per caso al concerto, è il primo che accenna ad una piccola protesta, apostrofando il chierica in una poltiglia di italiano-romanesco: «A fijo di na mignotta, li mortacci tua e de li mortan guerieri! Statte lontano, la mi' regazza buzzicona c'ha cardo e poi puzzi de fogna e topi morti".
La buzzica, cattiva come una iena, fomenta:-"Amo', daje na lezzione a sto terrone, li mortacci sua e de li mejo mortan guerieri, pe ppoco me sfreggia er tatuaggio che m'ha fatto er cinese de Fiummicino!».
(un tatuatore orientale del medio Lazio, ha fatto credere alla tipa di averle disegnato "Amò, per sempre tua" in ideogrammi, quando in realtà c'è scritto "Anche io sono un'idiota col tatuaggio-ideogramma").
Torniamo a bomba alla realtà.
Non ha tutti i torti il simpatico frascatano, riguardo all'odore nauseabondo proveniente dal Pogatore. Costui ha mangiato pesante, cibo da criminali: purè di fave con peperoni piri piri, broccoletti agliati, wurstel alla genovese (cipolla a gogò), e come colpo di grazia, il temuto CaffèSport Borghetti, un disgorgante chimico di potenza inaudita, usato a Guantanamo per far cantare i prigionieri più ostici.
La reazione non si fa attendere, il maledetto comincia a sudare freddo, si blocca in posizione di "attenti" con gli occhi pallati, fronte e chierica imperlata di minuscole goccioline gelate.
Chiede aiuto solo con gli occhi al degno compare, il quale pur avendo usufruito dello stesso menù, si vanta di avere uno stomaco al fulmicotone e di essere un grande scorreggiatore rumoroso, si, ma non puzzolente.
I musicisti non si accorgono del dramma, ci rimangono male, quando durante un ritornello a ritmo di tarantella, notano un calo di foga dell'audience.
Il cantante, un troione che solo per il fatto di aver trascorso una settimana a Londra in gita parrocchiale, fa lo sbruffone con la lingua di Shakespeare, si permette di incitare il pubblico in una brodaglia di italo-inglese: «Uèè cam on tutt claps le mani! Dans e cantè evribod».
Due spettatori americani del contingente O.N.U. si guardano come per dire "Che cazzo ha detto st'imbecillone?". E lo buano di brutto, più feroci dei loggionisti del teatro alla Scala di Milano.
Il Pogatore comincia a vibrare come un missile sulla rampa di lancio di Cape Canaveral, chiede pietosamente al barista di poter usufruire del camerino.
Nel frastuono il barista "L'accendiiinooo??? Quale bambino?"
Pogatore: "Ho bisogno urgente del BAGNO!"
E qui gli saltano due ponti ortodontici provvisori, per cui perde la fonazione di quasi tutte le consonanti. Al posto di "bagno" esce un raglio, un gnè gnè confuso: «Uaio, ainio, gnagno!»
Barista: «Cooosaaa? Il ragno? Carlomagno? Pesto con l'aglio?».
Pogatore: «Maledettooo, dov'è il doppio zero, il watercloset, il cessoooooooo!!!»
(in realtà, dalla sua bocca usciva: «EEèèooo, hoè i ohho elo, i aèllose, i ehooo!!!»
Barista: «Ahhh ho capito, mangiapane a tradimento, ma prima devi consumare almeno un drink, che quelli come te li conosco, peggio dei punkabbesta scroccasigarette!»
Pogatore: «Si, farabutto, prendo tutto quello che vuoi, dammi il whiskey torbato invecchiato 150 anni, basta che mi fai usare la toilette».
Il barista, lentissimamente apre una teca a forma di ostensorio, con un suono di trombe d'argento appare la bottiglia più preziosa del locale, un whiskey distillato da Father John McKenzie nel 1930, in pieno proibizionismo. Il valore è inestimabile, il pogatore dovrà giocarsi tutte le rate rimanenti del SUV per poterlo pagare.
Ma tutto d'un tratto, colpo di scena, l'amico canuto e assetato decide di fare lo splendido, (non ha una lira) e con un gioco di prestigio afferra la bottiglia e la fa girare a mo' di spinello, offrendo un sorso a tutti gli amici occasionali.
Complimenti ed ovazioni per la generosità del soggettone, che però con un rutto roboante taglia la corda, lasciando l'antica bottiglia, miseramente vuota, in mano al pogatore disorientatissimo, che ormai ha le visioni, manie di persecuzione e miraggi.
Con dei dolori tipo parto si avvia verso il WC, ma una volta dentro si accorge che c'è solo un minuscolo lavello incrostato.
Passa qualche minuto e l'energumeno, bevitore del vino de li Castelli, bussa alla porta della ritirata. Dall'interno, il chierica risponde con una curiosa voce da suora svizzera: «Lasciatemi morire qui, dite a mia madre di perdonarmi, seppellitemi con la sciarpa da tifoso, mentalità ultrà forever!».
Si lascia andare, sghignazzando, ormai senza più freni inibitori.
Quando il barista, incazzatissimo, sfonda la porta, lui sostiene di essere un eremita che non vuole avere contatti con altri esseri umani, anzi, si mette a ripetere in perfetto aramaico: «Elì, Elì, lemà sabactàni? Perchè mi hai abbandonato?».
Il barista, inferocito, va per dargli una sonora lezione, roteando il pugno nell'aria.
Si accendono le luci, il concerto è finito, altri linciatori volontari si fanno avanti, ma il Pogatore, a guardarlo bene, si rivela un poveraccio, un barbone senzatetto con 2 incisivi residui e gli occhi strabici di un folle (uno palesemente falso, di vetro, misero souvenir di una battaglia da stadio con degli ultras del Barletta Calcio di serie Z).
Imbarcato frettolosamente e clandestinamente per essere ricoverato d'urgenza al manicomio navale di Tirana, registrato con un improbabile nome albanese Blerin Naceri, come compagno di cella un cavallo da monta turco, per giunta pederasta, che ovviamente non si lavava mai. Lo guarda con voluttà.

Ben gli sta.
Però un po' dispiace.

Epilogo.
Il barista, disperato per la bottiglia di whiskey del proibizionismo, medita vendetta.
La risposta del colpevole scorreggione non si fa attendere: "Che me ne fotto"!

giovedì 10 giugno 2010

Al concerto nel pub 4 - Il rientro dopo la sigaretta. Abbigliamento

Reduce dalla sfummacchiata esterna, l'allegro gruppo capitanato dal Pogatore fa rientro nel locale. L'escursione termica è devastante, la sudorazione sa di fogna che fa pendant con l'odore di carbonella semibruciata dei giubbotti.
Il disgraziato è costretto a liberarsi degli strati in eccesso, ivi compreso l'inseparabile cappellino da rivoluzionario delle FARC.
E qui casca l'asino.
La capigliatura, da una situazione iniziale nera e compatta, sottoposta allo stress termico, rivela una tremenda chierica da frate francescano, il pogatore non sembra accorgersene e salta allegro incessantemente, vanitoso come una ballerina turca.
Convinto di essere vestito sobriamente, il pagliaccio non sa di essere affetto dalla cosiddetta sindrome di Steve Wonder.
Il famoso cantante cieco, è da decenni vittima di un colossale scherzo collettivo, organizzato dal diabolico manager dei tempi di "Master blaster", tale Chris Moon. Costui, invidioso ed infido come il colonnello Parker di Elvis, ordì un piano diabolico: far vestire il Wonder con i peggiori abiti del pianeta, colori stonati ed improponibili, e far credere allo stesso di essere un elegantone coi completi Armani, un modello per la moda.
Il tiro mancino si è spinto ormai a livelli indicibili, coinvolgendo tutto l'entourage del povero cantante di Superstition, che grasso, pelato e malvestito, quando chiede:-"Scusa Chris, come sto?"
"Benissimo Stefano! Sei elegante come Sean Connery, hai il fisico di Brad Pitt e SEI PURE BIANCO!"
Diavolo di un Chris Moon.
Torniamo a bomba sul nostro eroe, che è ignaro del triste destino del cantante afroamericano, e perciò lo copia nel vestire. Il ciuccio non accenna a diminuire i salti e le urla, incalzato dalla scaletta del concerto, che offre pezzi sempre più sincopati.
Ma cuoce un piatto molto amaro per il chierica, il malcontento comincia a serpeggiare...
...continua

giovedì 27 maggio 2010

Al concerto nel pub 3 - Intervallo sigaretta

Metà concerto, l'odore di pitosforo è ormai un ricordo trasformato in rimpianto.
La legge antifumo ha prodotto un nuovo fenomeno: il fuggi fuggi generale, come se ci fosse un allarme antiaereo, a ritmi regolari.
Il concerto per un po' è faccenda per pochi non fumatori, ed il gruppo ne approfitta per suonare pezzi mai provati che neanche i cani apprezzano. Il Pogatore, coi suoi compagni di merenda va fuori a fumare, beccandosi la solita bomba di freddo glaciale e vento di maestrale. Il furbone col suo cappellino tenta di accedersi una sigaretta, ma purtroppo, affetto com'è da strabismo, non becca mai la fiamma e rischia di incendiarsi la visiera. Saluta tutti, compresi i conducenti di SUV e BMW coi fari allo xeno che scarrozzano felici nei vicoli del centro storico. Anche lui si è rovinato l'esistenza acquistando un mostro a quattro ruote che gli succhia il sangue ogni mese con una maxirata sul groppone (per non parlare delle spese per le 2 moto di grossa cilindrata, che qualsiasi governo stanga di brutto ad ogni legislatura).

continua con "L'abbigliamento di Steve Wonder"

sabato 22 maggio 2010

Al concerto nel pub 2 - Il Pogatore - Prime avvisaglie

Ma la tragedia è in agguato, il soggetto, una volta trovatosi in luoghi promiscui e birrosi, si trasforma in un poliedrico imbecille. La trasfigurazione avviene non appena il gruppo comincia a suonare. Inizia a fare il capo ultrà con cori da stadio peggiori del famigerato "Alè o-o", e del fastidioso "Po-poppo-po-po-po" intonato dai pagliaccioni italioni durante i mondiali di calcio vergognosamente scippati ai poveri Australiani. Il complesso di suonatori, all'inizio pare apprezzare, ma si rendono ben presto conto che si sta cuocendo un piatto molto amaro. Il ciarlatano sta già trangugiando la seconda media doppio malto, che va ad ubicarsi direttamente sul ventrone. Va da se, che lo scroccone non si sogna nemmeno di pagare, guarda dritto nella scollatura generosa della cameriera, facendo ruotare l'indice come per dire: "Dopo, dopo. Pago tutto alla fine!" Si va avanti per un paio di canzoni, quando comincia il disfacimento del maledetto. Dopo aver saltellato senza sosta, incomincia a pogare a ritmi inaccettabili. Pare impossessato dal demonio, e purtroppo, i vicini intuiscono chiaramente che l'ex Lord inglese non si lava mai, ma proprio mai. Inoltre comincia ad avere seri problemi alla dentatura, che si scopre opera di un noto medico olandese, Gennaro Van Esposito, che per 450 euro nel 2002 sistemò ad capocchiam quella fogna di bocca, estraendo 37 denti guasti, sostituendoli con delle protesi resinate, raffazzonate e ricavate da uno stock di statuette di Capodimonte, frutto illecito di un sequestro della Guardia di Finanza inorriditi da quella tremenda accozzaglia di cattivo gusto. Tra una pogata ed un coro si sente chiaramente un sinistro rumore di nacchere, al che rivolgo lo sguardo al batterista, cercando un trucco, un'abilità, un pedale nascosto che produca quel magico suono di percussione iberica. Macché! Si tratta delle capsule del Pogatore molesto, che tra rutti e urla disumano cominciano a vivere di vita propria. L'infamone maledetto, intanto, raccatta un complice. Trattasi di un nonnetto con la barba a striature bianche ed occhiali a culo di bottiglia. L'arzillo psicopazzo sgomita a destra e manca, e rivela un'insospettabile forza e agilità. Un paio di gomitate ben assestate e due poverette stramazzano al suolo senza un lamento, col setto nasale fratturato. L'energumeno canuto tenta di prestare soccorso, ma le vittime da terra declinano l'offerta di aiuto, spiegando che per loro risultava preferibile rimanere a terra svenute, piuttosto che respirare le ascelle di Pogatore, Arzillo e compagnia bella. Come detto sopra: non si lavavano mai, ma proprio mai, mai mai... continua

domenica 16 maggio 2010

Al concerto nel pub 1- Il Pogatore- Prologo Pitosforo

Una serata dal clima mite, finalmente il generale inverno che batte in ritirata ed il profumo del pitosforo che raggiunge i vicoli attorno al lungomare della città. Il porto che si anima ed un solitario traghetto per la Grecia saluta al ritmo del Sirtaki, lasciando una scia multicolore frutto delle lampadine che adornano da poppa a prua, questo gigantesco albero di Natale galleggiante.
C'è un concerto in un locale rimesso a nuovo da poco, un antichissima costruzione a ridosso di una chiesa che risale a 1000 anni fa.
All'esterno, tra i soliti emarginati del fumo, estromessi dal gustarsi le sigarette nei locali italiani da una legge stranamente applicata alla lettera, fanno capolino le prime scollature di ragazze bellissime, coi capelli profumati di shampo all'essenza di orchidee della Cina, e pantaloni attillatissimi, che lasciano intravedere, come se indossassimo i famosi occhiali a raggi X, perizomi, glutei, gambe sinuose e tatuaggi strategici.

Entro incautamente e vengo investito all'istante da una zaffata cipollata che mi rivolta lo stomaco. E' come tuffarsi in una piscina di baccalà alla genovese.
Tra il pubblico di giovani ed ex giovani, ecco il fan più esaltato, una figura pericolosissima da evitare come un testimone di geova in un isola deserta.
Si tratta del famigerato Pogatore.
Questo soggetto, di giorno appare come un normale lavoratore, un uomo morigerato, timorato di dio, dalla voce flautata e dai modi di un maggiordomo interpretato da Anthony Hopkins.
Sfoggia abiti sobri ed una capigliatura curata, coperta talvolta da berretti di ottima fattura italiana. Il volto è sapientemente incorniciato da una barba nera.
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